mercoledì 5 ottobre 2011
Into the Wild ...
Non e' una novita' quello di cui desidero parlare oggi, ma certamente e' un momento centrale nell'esistenza di ogni essere umano. Fino a che punto dobbiamo farci condizionare dall'acquisto, dalla novità?
Fino a che punto la tecnologia puo' supportarci e quale invece il punto di non ritorno? Ma piu' in generale quando una cosa e' da cambiare?
In questi ultimi anni ho potuto riflettere con attenzione e distanza sull'idea di accumulo, sull'idea di utilizzo ed ottimizzazione. La riflessione che appare molto semplice, quasi logica invece ad un occhio attento diviene profonda ed impegnativa. Siamo immersi in un sistema economico che spinge costantemente al bisogno di acquistare, al bisogno di sentirsi gratificati dall'oggetto, dal bisogno di acquisire un posizionamento sociale, dal bisogno di mettere a tacere le nostre piu profonde paure, quel senso di vuoto che il marketing ha ben identificato e che le aziende cavalcano ormai con grande attenzione.
Tutto questo non ha nulla di delittuoso in sè, il marketing produce lavoro, lavoro produce oggetti e pil, il pil produce una spinta continua alla ricerca di nuovi mercati etc. etc. il delitto piu' grande lo facciamo noi stessi su noi stessi non riuscendo a comprendere profondamente i nostri bisogni e trasformarli in aspirazioni che siano trascendenti dal puro materialismo e rimandendo perciò in balia della continua insoddisfazione che innesca quel meccanismo perverso che ci porta ad inseguire costantemente le novità per poterci affermare, incapaci di godere di cio' che abbiamo, incapaci di godere del momento in cui lo abbiamo, incapaci di prepararci al momento in cui non avremo più!
Questo vale per gli oggetti, ma anche per le persone, ma anche per la natura, insomma viviamo all'inseguimento di qualche cosa che non raggiungeremo mai, almeno non in questa maniera.
La felicità, che noi tutti inseguiamo e sognamo si puo' manifestare soltanto nella liberta' assoluta dalla materia e dal possesso, dal non accumulo; faccio un esempio pratico, quante volte avete anche voi fatto le pulizie e dato ai bisognosi molti abiti, scarpe, oggetti che non usavate piu' e che occupavano solo spazio, quanto vi siete sentiti bene? Io l'ho fatto decine di volte ed ogni volta e' stata una rivoluzione, una nuova vita.
Arriviamo al dunque, dunque ! (girino di parole)
La riflessione e' scoppiata ieri sera alla notizia del lancio dell'IPhone 5 da oggi denominato IPhone 4S. Mi piacciono moltissimi gli oggetti della Apple, mi piace il design, lo stile, la ricerca, l'innovazione ma c'era proprio cosi' bisogno di lanciare uno smartphone che ha solo delle migliorie e farne un caso mondiale? Io dico di no, o meglio dico che per me non ce n'era bisogno, ma la necessita' di mantenere quote di mercato in concorrenza con gli altri colossi ha costretto anche Apple a scendere sul mercato con un oggetto praticamente inutile, un oggetto che non lascera' il segno, ma semplicemente manterra' la quota di mercato che nei budget stimati di Apple doveva essere coperta.
Da qualche tempo direi qualche anno, io amo i miei oggetti usurati, amo il mio vecchio IPhone con la crepa ma che ancora funziona alla grande, amo il mio Mac ammaccato sull'angolo, amo la mia felpa grigia acquistata ormai dodici anni fa a New York, amo le mie scarpe da jogging un po' sfondate e scolorite ma che non mi fanno venire le vesciche neppure dopo dodici chilometri di corsa, amo il mio pullover di cashmere che mi ha dato mio papa che ha ereditato da mio nonno, amo i miei jeans con i buchi, amo le mie camice con il colletto consumato, amo la mia bicicletta che mi e' stata regalata da un amico caro perche' non la usava piu', amo i miei asciugamani lisi ma che sono come un abbraccio morbido, amo le mie scarpe di cuoio che hanno rughe di vecchiaia bellissime, amo la mia cintura consumata dal tempo e dall'attrito con i jeans, amo le mie t-shirt con i buchi e la scritta dei Los Angeles Lakers campioni del 1987, amo le mie new balance grigie con la suola liscia, amo il mio cappotto che nonostante gli anni mi fa sempre elegante, e potrei continuare per ore con la lista.
Ci vuole tempo per innamorarsi delle cose, ci vuole tempo perche' diventino parte di noi e ci rappresentino al meglio, ci vuole tempo perche' le cose si possano buttare, ed io amo il tempo sulle cose che amo, cosi' come amo il mio viso con le rughe e con lo sguardo di chi di vita ne ha gia' conosciuta parecchia. Il tempo, l'uso, la frequentazione ci fa innamorare delle cose e delle persone, io sono stanco degli innamoramenti, delle sole novità, io voglio andare in profondita' e non in orizzontalita', voglio usare le cose e voglio che le cose usino me, non voglio nulla di nuovo se non perche' c'e' uno spazio vero lasciato dal vecchio usurato.
Vi auguro allora di innamorarvi sempre di piu' di voi stessi, sempre di più delle cose che vi piacciono e che avete con voi, amatele e consumatele, il tempo e' la cosa piu' straordinaria che possiamo conoscere, ci permette se lo comprendiamo di dare senso alla nostra vita, di dare senso alle nostre azioni, di dare profondita' e senso alla nostra vita, perche' in fondo e' l'unica cosa che conta veramente.
Buttiamoci nella vita allora come Into the Wild senza paura di dire basta al consumo sfrenato ritrovando quel senso meraviglioso di appartenenza alla terra, alla natura, scopriremo di non aver bisogno poi di tanto...
Chiudo con le parole di un pezzo dal titolo Society di Eddie Vedder, brano inserito nel film Into the Wild di Sean Penn:
It's a mistery to me
we have a greed
with which we have agreed
You think you have to want
more than you need
until you have it all you won't be free
society, you're a crazy breed
I hope you're not lonely without me
When you want more than you have
you think you need
and when you think more than you want
your thoughts begin to bleed
I think I need to find a bigger place
'cos when you have more than you think
you need more space
society, you're a crazy breed
I hope you're not lonely without me
society, crazy and deep
I hope you're not lonely without me
...
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