sabato 30 luglio 2011

Mojito time!







Nei due appena passati fine settimana ho rispolverato la mia esperienza di bartender e mi sono cimentato nella preparazione di oltre 130 mojitos. L'occasione si e' creata per il Cambio Festival ed e' continuata il fine settimana successivo per il compleanno di un amico.
Non sono un vero professionista ma a New York ho potuto imparare le basi fondamentali dei cocktail piu' bevuti: Mojito, Daiquiri, Margarita, Cosmopolitan, Julep, questo e' accaduto durante il periodo di depressione post 9/11 quando al mitico Miss Williamsburg diner di Brooklyn eravamo rimasti in quattro soltanto a lavorare: Max, Pilar, Ivan e il sottoscritto.

La preparazione dei cocktail e' una cosa che mi ha sempre divertito, e' un piacere perche' le persone che vengono da te per ordinare e godersi il drink stanno vivendo la loro serata migliore, lasciando i problemi, il lavoro, tutto alle loro spalle, dedicandosi una serata con la spirito di chi vuole solo divertirsi e godere della vita. In quei momenti al bancone del bar nascono delle serate fantastiche, delle conoscenze che possono anche durare a lungo, proprio perche' ci si trova su un piano elevato dell'essere, un piano che supera ogni pregiudizio e permette una facile empatia.
E' accaduto anche nelle passate serate, le persone che aspettano il mojito sono allegre, piene di gioia e desiderose di tirare fuori il meglio di loro stessi, quindi sorridono, si rilassano, si divertono e così mi diverto anche io, che amo far stare bene le persone.

Stamattina leggendo l'originale preparazione del Mojito Cubano che nasce alla famosissima La Bodeguita del Medio mi sono reso conto che esistono due ricette lievemente differenti: quella del suo inventore Angelo Martinez, detta ricetta cubana e e una versione ormai accettata universalmente detta ricetta europea.
Le differenze stanno negli ingredienti che in Europa non possono essere reperiti e che hanno subito un adattamento obbligato:

Ricetta originale Cubana: il Mojito si prepara ponendo sul fondo del bicchiere la menta, due cucchiaini di zucchero di canna bianco e il succo di mezzo lime. Gli ingredienti devono essere mescolati insieme in modo da liberare l'aroma dalle foglie di menta. A questo punto si aggiunge il ghiaccio, il rum e infine la soda o in alternativa l'acqua frizzante. Il composto ottenuto viene poi servito con una cannuccia e un rametto di menta decorativo. È importante ricordare che la menta non deve essere pestata ma solo leggermente premuta ed amalgamata insieme al succo di lime e allo zucchero. Questo accorgimento fa sì che dalla menta non si sprigionino le note amare esaltando così gli olii essenziali e mantenendo il drink limpido anziché renderlo opaco.

Ricetta Europea: al di fuori di Cuba il Mojito si è ormai diffuso in una sua variante non propriamente corretta, detta semplicemente "versione europea" o "Mojito sbagliato o pestato". Si prepara ponendo sul fondo del bicchiere il lime a pezzi e lo zucchero di canna grezzo. A questo punto si amalgama il tutto schiacciando vigorosamente con il pestello (muddler) aggiungendo poi la menta premuta delicatamente, il ghiaccio tritato e infine il Rum bianco. Tecnicamente dunque il cocktail che si ottiene con questo sistema non è un Mojito, bensì una Caipirissima alla menta. Tuttavia, come detto in precedenza, tale versione è ormai globalmente accettata al di fuori di Cuba, tanto che il gesto di lavorare il drink con l'apposito pestello, non previsto dalla ricetta originale, è diventato simbolo stesso del Mojito.

A questo punto per comprendere al meglio le ragioni del successo del Mojito, proviamo ad indagare l'origine del nome, che etimolgicamente risolve sempre ogni dubbio lasciandoci con una meravigliosa comprensione: ci diverse teorie riguardo l'incerta origine del termine "Mojito". Secondo alcuni e' legato al "mojo", un condimento tipico della cucina cubana a base di aglio e agrumi, usato per marinare. Per altri l'origine e' da cercarsi nella traduzione della parola spagnola mojadito, che significa "umido". Un'ultima ipotesi, quella più affascinante, fa risalire l'etimologia della parola al termine vudù mojo, che significa "incantesimo".
Ecco svelato l'arcano dunque, il mojito e' un cocktail straordinario perche' i sui benefici creano un incantesimo, che ci fa entrare nel reame del felicità e della possibilità, immergendoci in quella atmosfera cubana, senza spazio ne' tempo dove la vita e' vissuta senza fretta e senza ansie, dove il denaro non e' l'unico obiettivo ma vivere e' l'obiettivo principale, vivere nella musica del Buena Vista Social Club (vedi post del 26 luglio), ricordandoci che possiamo essere felici, ogni giorno, ogni istante se lo desideriamo, basta un Mojito per essere Mojito time, per essere my time!

venerdì 29 luglio 2011

America!








Sinceramente avevo scritto un post ieri per essere più puntuale oggi però acceso il computer stamattina non c'era più traccia dentro il blog degli spunti di ieri, ho pensato che non fossero sufficientemente buoni per essere pubblicati, riprendo il filo del pensiero stamattina provando ad esprimere nuovamente cio' che ho in mente da ieri.

In questi giorni in particolare si sente tanto parlare di default dell'America, di rischio di fallimento degli Stati Uniti d'America; e' una condizione particolarmente toccante visto che per il secolo appena passato sono stati la guida, la luce che ha mosso il mondo e lo ha portato fino a dove e' oggi. Non voglio fare alcuna polemica, naturalmente c'e' del buono e del cattivo, la finanza e la speculazione non sono il miglior esempio dell'America, ma le scoperte scientifiche che si sono realizzate in tutto il passato secolo sono grazie alle Università americane quindi il punto non e' stabilire il bene e il male ma stabilire come e da dove ripartire.

Di certo il rischio default di cui si discute in questi giorni e' un antipasto di ciò che ci aspetta negli anni a venire. Quindi non sara' sufficiente un accordo tra Democratici e Repubblicani per aumentare il tetto del debito perche' sarà un pagliativo come mettere un sacco di sabbia per fermare un alluvione.

Così come già ampiamente esposto, il rischio default nei prossimi anni per gli Stati ad alto indebitamento è assai elevato perché di contro il PIL di questi stessi Stati sarà nell’ordine della crescita intorno allo zero se non negativa, il che determina un impatto sui conti pubblici ancor più alto determinato del pagamento dell’enorme debito pubblico accumulato.

Mentre il PIL può anche fermarsi o decrescere, i debiti vanno pagati sempre e a loro volta incrementano il volume di quelli esistenti, visto che ad ogni scadenza obbligazionaria se ne emettono di nuovi, perlomeno sino a che ci sono compratori di questa carta straccia, quali sono i T-bonds o i Btp o i Bot.

Se pur viviamo nell’era della “carta”, non si può pensare di pagare sempre e solo con carta straccia, visto che all’orizzonte appaiono ora Stati con fondamentali più attrattivi per gli investitori, ovvero mentre i conti pubblici occidentali peggiorano con PIL in diminuzione o dormiente e debito in incremento, dall’altra parte del mondo infatti i conti migliorano, il PIL corre molto meno dei debiti e questo attira i capitali prima investiti in titoli di stato dei paesi occidentali. Insomma lo scenario del terzo millennio guarda ad oriente, anche nella speranza di un intervento salva Stati Uniti.

Qui in effetti si inserisce la mia riflessione un po' nostalgica di un'America che sta rimpicciolendo, sta svanendo, di dell'America fondata sul sogno, sulla speranza (Hope), non se ne trovano quasi più le tracce.
Quel luogo di frontiera che ci attirava a se' per la sensazione di libertà, di conquista, di possibilità, si sta sgretolando sotto i colpi della sua propria invenzione, la finanza e l'indebitamento.

La cosa sinceramente più preoccupante e' che non ci sono all'orizzonte modelli economici innovativi, le grandi Università continuano ad insegnare i modelli che hanno portato alla catastrofe e si e' cominciato a dare i Premi Nobel a scienziati che non sono puri economisti come la Elinor Ostrom nel 2009, insomma stiamo brancolando nel buio e non sappiamo davvero come muoverci, ricercando un modello, una teoria che vada bene per ogni nazione, dimenticando pero' che una medicina non puo' curare tutte le malattie e quindi ogni Stato Nazione dovrebbe trovare al suo interno gli anticorpi per contrastare il fallimento.

A tal proposito mi sento di rimarcare la necessità di un ritorno verso la cultura, l'economia non e' cultura, produrre profitto da ogni attività non puo' innescare il meccanismo virtuoso della cultura, che invece puo' fiorire solo dove e' svincolata dal risultato economico e punta invece al risultato umano, alla crescita interiore ed intellettuale dell'essere umano, riportandolo al centro della vita, restituendo all'essere umano la sua misura originale, la sua aspirazione al miglioramento intellettuale, culturale, artistico, umano che diviene poi per conseguenza inevitabile miglioramento economico, per il singolo, per l'intera comunita'.

Ecco allora che la macchina cinema (cultura) si e' messa in moto, un cavallo di Troia per entrare nelle coscienze umane, nel cuore, nella mente, in particolare negli anni cinquanta, per risollevare l'umore, per scacciare i demoni della Seconda Guerra Mondiale, per ristabilire un ordine mondiale e restituire ad ogni americano e non solo il sogno (pensate agli italiani), la speranza, la progettualità di una vita diversa, migliore nella quale immaginare di costruire famiglie,avere figli, un lavoro, soddisfare le proprie ambizioni e talenti.

Io lo affermo dobbiamo ripartire dalla cultura, senza paura di investire, sia pubblico che privato, senza l'ansia del risultato immediato ma con la speranza certa che lo sviluppo individuale porterà ad uno sviluppo collettivo che genererà un onda positiva in grado di trainare anche i più deboli e rendere onore alla vita di ognuno di noi. Dobbiamo tornare a sognare in grande, piu' il sogno e' grande piu' le forze che mettiamo in campo sono straordinarie, io sogno ogni giorno, ogni istante i miei film, mi preparo ogni giorno a realizzarli, non mi preoccupo della mancanza di denaro mi preoccupo della mancanza di sogni e aspirazioni che sento intorno a me, l'America ci ha donato per quasi un secolo sogni in cui credere, ora dobbiamo crescere e sognare da soli, avendo pero' come esempio centinaia di modelli vincenti, prendiamoli in prestito dal cinema e lasciamoci ispirare da loro, forse non diventeremo ricchi ma saremo sicuramente felici anche perche' come scriveva Friedrich Nietzsche: "La felicità non è fare tutto ciò che si vuole, ma volere tutto ciò che si fa!"

giovedì 28 luglio 2011

Buena Vista Social Club!



Sono ormai passati cinque giorni con una pioggia e una condizione metereologica direi quanto mai apocalittica. Il mio stato interiore pero' e' fermo all'estate e non vuole in nessun modo essere compromesso da questo intermezzo autunnale percio' ho pensato che rivedere e riascoltare il Buena Vista Social Club mi avrebbe fatto bene sia allo spirito che all'umore.

Così e' stato!

Il film, la musica, l'atmosfera, la bellezza, la povertà, mi hanno catapultato in un altro mondo, in un luogo nel tempo ormai passato che avrei sempre desiderato vivere ed esplorare. Gli anni cinquanta, il dopoguerra, la ricostruzione, il desiderio di lasciarsi dietro tutta la sofferenza causata dalla distruzione della guerra, anche se per Cuba invece sono stati il tramonto di un'epoca d'oro e l'inizio di un declino che perdura da cinquantanni e che ha portato l'isola e i suoi meravigliosi abitanti in un regime di isolamento e separazione. Non mi interessa in nessun modo dare un giudizio politico, anche perche' essendo uno scontro ideologico non potra' mai trovare una neutralità di risposta, mi interessa però il ritrovamento di un tesoro che sembrava ormai sepolto e perduto ma che grazie a Ry Cooder e' stato ritrovato e condiviso con tutti noi: parlo di quel meraviglioso gruppo di musicisti, jazzisti cubani che compone il gruppo del Buena Vista Social Club, nome preso dal mitico club nel quale sono passati i migliori musicisti della prima meta' del secolo scorso, prima che venisse chiuso con la presa del potere di Fidel Castro nel 1959.

Ascoltare e guardare questi musicisti in pensione da decenni che avevano ormai smesso di suonare, smesso di comporre, smesso di sperare, salire con umilta' sul palco del mondo per ricominciare anche solo per una volta soltanto con un concerto straordinario, presi dalla felicità di fare musica, di raccontare storie della vita cubana, lasciandosi trasportare dal ricordo e dalla saggezza del presente nonostante l'eta' vicina agli ottanta, animati dalla passione, dal mestiere che non hanno mai dimenticato e' una gioia dell'anima, davvero un momento di grandissima umanita' che nella musica non si vedeva ormai da decenni. Fare musica per il piacere e non per celebrare se stessi, per portare conforto a chi ascolta, per dare un punto di vista, per esprimere il proprio animo piu' elevato e' qualche cosa che tutti i musicisti e star dovrebbero recuperare proprio per poter arrivare al cuore di chi ascolta e non alle orecchie. La tecnica e' utile solo se permette di avvicinarsi al cuore, se e' puro virtuosismo allora e' una scocciatura che non merita nulla.

I miei vecchietti invece (ormai alcuni di loro se ne sono andati) senza timore entrano in un flusso musicale, in una vena espressiva che sembra li nell'aria da sempre, come se non avessero creato nulla ma si fossero collegati ad uno stato dell'anima che in tutti noi esiste e l'avessero suonato per noi. Mentre tutto questo accade nonostate la povertà, nonostante l'isolamento, nonostante la separazione che gli ha costretti a vivere vite non loro, sorridono, sorridono e sono felici e in armonia tra loro, stimandosi e appoggiandosi l'uno all'altro, duettando, amandosi come accade nel duetto di Ibrahim Ferrer e Omara Portuondo, accompagnati dal piano di Ruben Gonzalez e dalla chitarra di Compay Segundo, quella musica potrebbe durare in eterno, perche' contiene la vita di Ibrahim, Ruben, Omara, Compay che e' la vita di ognuno di noi!

Sono sempre più certo che ci sono esseri umani che hanno un contatto diretto con l'anima una strada senza ostacoli e riescono attraverso la musica, attraverso il cinema, attraverso le arti figurative, la danza, la poesia, la scrittura, la recitazione a veicolare l'essenza che ci accomuna e che ci rende unici e nello stesso tempo uguali, siamo fatti della stessa materia e sentiamo tutti allo stesso modo. Infatti l'arte e' il linguaggio universale che arriva a tutti senza distinzione di lingua o razza.

Se non avete mai visto il film o ascoltato la musica, oppure se non lo vedete e ascoltate da qualche anno affittatelo, guardatelo, ascoltatelo con le persone che amate e godetevi questo spezzone di vita vera, di vita che non esiste piu' ma che e' dipinta in maniera indelebile grazie alla sensibilità di Wenders e tutti gli artisti uniti che si sono prodigati per raccontarla.

Onore a voi Buena Vista Social Club!

mercoledì 27 luglio 2011

Che cosa e' la vita?




Poche ore fa ho ricevuto una notizia che mi ha riempito di gioia, davvero mi ha fatto felice, mi sono emozionato.
Una persona a me molto molto cara, una mia amica, che ho amato, amo e amero' mi ha scritto dall'Argentina per avvisarmi che lei e il marito aspettano una creatura per il prossimo gennaio 2012.
Questa qualità comune agli esseri viventi, data quasi per scontata visto che accade cosi di continuo e' una delle cose che riesce ancora ad emozionarmi profondamente, l'inizio della vita insieme la fine della vita sono i due momenti per i quali resto in silenzio nell'emozione, nel raccoglimento, nella domanda piu' profonda che nasce: "cosa e' la vita?"

Esiste una vera risposta a questa breve domanda?

Probabilmente ancora no ma sicuramente, come ormai sappiamo, possiamo parlare piuttosto di proprietà che caratterizzano gli esseri viventi. Inizio con un termine che ritengo importante: autonomia.
Dice Paul Davies, fisico e divulgatore famoso, nel suo libro "Da dove viene la vita":

"Immaginate di lanciare in aria due uccelli, uno vivo ed uno morto. L'uccello morto cadrà, presumibilmente, qualche metro più avanti, mentre quello vivo potrebbe finire appollaiato su una antenna televisiva, o su un ramo di un albero, su un tetto, su una siepe, o su un nido. Sarebbe difficile indovinare in anticipo il punto esatto."

Gli esseri viventi sono imprevedibili?

Gli organismi viventi sicuramente hanno una composizione chimica comune che si basa sull'atomo di carbonio e quindi tipi di molecole organiche comuni come DNA RNA, Proteine, Grassi, Zuccheri. Hanno processi metabolici, catalizzati da enzimi, che comprendono biosintesi e reazioni che producono energia per le biosintesi; tra queste, quelle che si avvalgono di composti organici (organismi eterotrofi) e quelle invece che possono sfruttare fonti energetiche alternative come la luce (autotrofi fotosintetici) o altre ancora. A queste caratteristiche troviamo giusto correlare la proprietà di nutrirsi ma anche di muoversi.

Gli organismi viventi possiedono una struttura anatomica alla cui base c'è l'organizzazione cellulare. Le cellule derivano da altre cellule secondo processi di divisione tipici.
Gli esseri viventi si riproducono, cioè generano individui simili cedendo loro la copia del programma genetico posseduto. Hanno mostrato la tendenza a creare strutture complesse di più cellule diverse, organizzando il loro organismo in tessuti, organi, apparati, ma anche più individui in società e ancora più, gruppi di individui diversi in comunità.
Gli organismi viventi si esprimono attivamente nell'ambiente adattandosi ed evolvendosi, proprietà eccezionale attraverso la quale la vita si impone prepotentemente anche in luoghi considerati impossibili.

Ma allora alla luce di questo mi chiedo di nuovo: "cosa e' la vita?"
Scientificamente la risposta al momento e' sintetizzata qui sopra, ma la scienza non risponde ancora sul dove, come e perche' nasca quell'attrazione, quel magnetismo tra due esseri senzienti che permette poi l'accoppiamento e la riproduzione. mi spingo con una affermazione ancora piu' provocatoria: "la vita e' chiamata dall'anima!"
Cosa e' l'anima? Nel modo piu' semplice definiamo l’anima come entità trascendente immateriale che si manifesta comunque nell’immanente dell’individuo, quindi in qualche maniera e' possibile che un'anima richiami l'attenzione e organizzi una serie di situazioni percui due persone si incontrino e possano donare alla terra il loro figlio prediletto.
Sembra proprio che la nascita sia un dono degli uomini alla divinità della terra come per sdebitarsi di permetterci di vivere su di essa.

Freud però ci viene in soccorso e chiarisce ancora meglio:
"Psiche significa anima, di conseguenza “trattamento psichico” presuppone il “trattamento dell’anima”. Ci si pone di fronte ad un “trattamento a partire dall’anima” con mezzi che agiscono in primo luogo e immediatamente sulla psiche dell’uomo. Un tale mezzo è soprattutto la parola e le parole sono anche lo strumento essenziale del trattamento psichico. Le parole dei nostri discorsi quotidiani non sono altro che magia sbiadita. Ma sarà necessaria prendere una via indiretta, per far capire come la scienza riesca restituire alla parola almeno una parte della sua forza magica."

Qui mi fermo anche perche' le domande si infittiscono e le risposte si diradano, entrando in un territorio inesplorato, il territorio dell'inconscio.

Non mi rimane allora che augurare ad Elisabetta e Leo una serie di parole che creino magia e possano sostenerli in questo nuovo tragitto che li porterà ad essere genitori di una splendida creatura, il dono migliore per l'evoluzione di tutti gli esseri viventi in particolare nella relazione con la terra.

martedì 26 luglio 2011

Amy!




Spesso l'onda emotiva ci cattura e non ci permette di avere una lucida distanza per poter analizzare un episodio, un evento, un dramma.
Ho atteso quindi qualche giorno prima di riflettere ad alta voce rispetto alla drammatica ed annunciata scomparsa della cantante Amy Winehouse.
Non so sinceramente quanto fosse popolare nel mondo la sua musica, rispetto alla spazzatura che ogni giorno le radio ci propinano, ma certamente questo scricciolo, questo anatroccolo che non ha fatto in tempo a diventare cigno, lascia due meravigliosi album, due pietre preziose che mi auguro singolo dopo singolo possano essere ascoltate dappertutto.

Sinceramente ricordo il momento esatto in cui ho ascoltato per la prima volta un pezzo di Amy, era il pezzo di apertura di Frank, Amy Amy Amy, ed e' stato un colpo di fulmine! Mi sono innamorato di quella voce, di quella ragazza scura, morbida e spigolosa insieme, di quel modo di cantare, di interpretare, di rendere una qualita' vocale la voce dell'anima. Amy e' stata per me come ritrovare Jackson Pollock nella musica (da post Numero 1). Lei era per la musica l'espressionismo astratto che Pollock e' stato nella pittura, lo era in ogni senso, lo era nel modo di cantare, nel modo di vivere, nel modo di amare, era una ragazzina sensibile e dolce ma incapace di gestire le sue proprie emozioni, come lo e' stato lo stesso Jackson Pollock.
Non mi sento per questa ragione di giudicare la sua condotta di vita, nonostante l'abbia portata ad una morte prematura e drammatica, passando da una casa di cura ad un altra, penso che lei abbia provato tutto cio' che poteva e non e' riuscita a fare di piu', ma nella musica e' stata strabiliante, una stella cadente che pero' non cadra'! Certamente lo show-business intendo dei produttori, e' pieno di personalita' di talento ma con una grande tara nella testa, perche' sono manager, agenti, faccendieri che costruiscono e commercializzano prodotti, senza rendersi conto di chi hanno di fronte e spesso e volentieri una bella voce e' semplicemente un segmento di mercato da riempire per fare tanti quattrini, quando invece davanti ai loro occhi dietro la voce ci sono giovani pieni di speranze ma senza una struttura solida, spesso vengono spazzati via per riempire le tasche al sistema; pensate che qualche produttore e agente coglione ed ignorante prima di lanciare Amy le ha detto che doveva perdere peso, l'ha fatta sentire immediatamente inadeguata, in debito sempre con qualche cosa, quando cio' che conta almeno nella musica e' solo la voce! (guardate il link e ditemi se era "grassa"?)
Capirete quindi come si puo' rovinare in un istante una giovane talentuosa ragazza della provincia inglese. Inutile comunque cercare scuse, responsabilità, giustificazioni, questa e' la vita vera e cruda, spietata che accompagna milioni di esseri umani, la maggior parte non famosa come Amy Winehouse ma che ogni giorno muoiono o si lasciano morire fumando decine di sigarette, bevendo litri di alcolici, ingoiando pasticche e altri stupefacenti o calmanti legalizzati, esattamente com Amy!

Cio' che resta e' la morte di una ragazza di ventisette anni che non e' riuscita ad uscire dal tunnel della droga e non e' riuscita ad amarsi abbastanza per cercare una distanza tra cio' che le stava accadendo e il dono che aveva ricevuto. La vita puo' essere molto dura con chi sbaglia, anche se con tutta sincerita' credo che Amy ora si sia liberata davvero del peso maggiore che aveva, quello di vivere lasciandoci in dono la sua musica, la sua vitalità, la sua voce strabiliante che non ci dimenticheremo.

Io ti voglio ricordare cosi' Amy, cercando di ricordare anche tutti quelli che non hanno un nome ma che ogni giorno non riescono a sopportare il peso della vita e la trascinano nel baratro della droga e dell'alcool, questi pezzi sono certo sarebbero piaciuti anche a loro:


http://www.youtube.com/watch?v=HqRF2GYrusg&feature=related


http://www.youtube.com/watch?v=uIeyfM-6QTg&feature=related

lunedì 25 luglio 2011

L'arrivo a Parigi!




Ieri per una ventina di minuti mi sono fermato a guardare gli ultimi giri dentro il circuito di Parigi dell'arrivo del Tour de France.
Molti di voi sanno che sono appassionato di ciclismo e quindi quello che scrivo nasce da una pulsione interiore forte, pero' ieri, aldila' della passione, in quegli uomini lanciati a oltre cinquanta chilometri orari tra le strade parigine visti dall'elicottero sono certo hanno emozionato non solo gli amatori ma ogni spettatore per la bellezza di Parigi e per il dinamismo del gesto atletico.
Esseri umani e città, un connubio indissolubile, una relazione di amore ed odio che andrebbe restaurata completamente; una relazione che andrebbe ripensata dall'origine per riuscire a dare risposte alle esisgenze della vita contemporanea, per una convivenza migliore in grado di generare un miglioramento delle condizioni di vita e non un imbarbarimento.
Le grandi città oggi sono congestionate dal traffico, soffocate dall'inquinamento atmosferico che diventa poi inquinamento anche fisico e psicologico, proprio perche' le condizioni malsane non possono produrre altro che questo!
Io stesso sono un cittadino, sono stato inquinatore, sono stato inquinato, sono stato bloccato dal traffico, ho causato traffico, alla fine ho scelto di andarmene a vivere in provincia perche' l'inquinamento stava distruggendo la mia vita sotto molti punti di vista; la mia e' certamente una scelta drastica ma l'unica possibile per poter assaporare la vita di nuovo, per potermi riappropriare dei rapporti umani, per potermi riappropriare del mio corpo, per potermi riappropriare di una condizione mentale ed emotiva all'altezza dei miei desideri, delle mie aspirazioni, per poterle perseguire, per poterle esprimere e realizzare. Non voglio dire che solo in provincia e' possibile realizzare la propria intima aspirazione, ma le condizioni esterne determinano molto fortemente sui risultati finali.
Un tassello fondamentale e centrale di questa mia personale restaurazione e' stata proprio la bicicletta, perche' se puoi muoverti in una citta' con la bicicletta, la puoi lasciare parcheggiata senza che ti venga rubata, puoi trovare delle strade che ti permettono di pedalare senza il rischio continuo di investimento, se puoi pedalare con la bocca aperta senza mascherina, allora quello e' un luogo sano che potra' esserti di sostegno per la tua realizzazione personale. Se non riesci a rispondere positivamente a queste domande devi certamente chiederti: "ma io che ci faccio qui?"
Se non vedi l'ora di scappare il venerdì per trovare un po' di pace devi chiederti "ma io che ci faccio qui, veramente?"
E' necessario farsi le giuste domande, almeno un paio di volte l'anno per riuscire con coraggio a riflettere e dare le corrette risposte; risposte semplici che possono permetterci di cambiare il punto di vista, di cambiare e rompere delle abitudini che sono simili a delle gabbie, spesso basterebbe muoverci dalla nostra posizione cambiando disposizione del salotto per vedere tutta la nostra casa con occhi nuovi, per poter cambiare la nostra opinione sulle cose ed acquisire nuovi dati per rendere più completo il puzzle che ci compone.

Ieri guardando l'arrivo parigino del Tour de France grazie alla vista aerea ho potuto vedere la citta' nel suo complesso, le strade che si intersecano, i parchi che danno respiro al cemento, le piazze che sono punti di luce e snodo, un sistema complesso in grado di gestire la complessa vita quotidiana di milioni di esseri umani, e gli uomini sulle loro biciclette veloci che si infilano come microbi all'interno del sistema citta'.
Ho visto pero' dall'alto anche la bellezza e l'armonia che e' possibile creare se tutti andiamo in una stessa direzione, se tutti riusciamo a capire cosa e' il bene comune, senza perdere le nostre individualita' ma lavorarando per un miglioramento comune, i gregari che tirano il leader, il leader che e' tale perche' ci sono i gregari, una relazione tra singolo e gruppo, tra gruppo e singolo, che deve lavorare molto per mantenere equilibrio nella relazione di reciprocità.

Penso allora che un buon punto di partenza possa essere quello di trovare una bicicletta ed iniziare a cavalcarla per guardare così la nostra citta' con un occhio nuovo ed iniziare a sentire che abbiamo un corpo che puo' fare molte piu' cose di quelle che facciamo ogni giorno e darci delle grandi soddisfazioni, ricordandoci che il benessere inizia prima di tutto in noi stessi e che solo cosi' potremo poi sostenere gli altri nella loro ricerca di benessere.

sabato 23 luglio 2011

Basta!!!

Oggi non mi sento di scrivere molto per analizzare qualche bell'evento che gli esseri umani sono in grado di produrre.
Oggi mi sento di stare in silenzio e di provare a resistere al dolore che mi ha travolto poco fa quando ho sentito la notizia dell'attentato di Oslo. Sinceramente sono rimasto impietrito, sgomento, la notizia e' stata devastante, inaspettata ed incredibile.
Non so più davvero cosa pensare, non riesco più a contenere il dolore di notizie di esseri umani che compiono atti violenti contro altri esseri umani, da anni mi batto per la violenza contro gli animali, ma davanti a questa violenza contro i propri simili, i propri fratelli e' insopportabile! Solo basta basta basta basta basta basta basta basta fermiamoci e proviamo a pensare ad immaginare dentro di noi un mondo integrato e rispettoso per ogni essere vivente, dobbiamo produrre una distanza ed immaginare il mondo che desideriamo realizzare provando ad emanare pensieri e azioni rispettose verso noi stessi e verso gli altri, anche in quelle occasioni di pressione dove ci sentiamo violati, ci sentiamo umiliati, ci sentiamo ignorati, ci sentiamo esclusi. Proprio in quelle occasioni e' fondamentale avere chiaro nella nostra mente la visione del mondo che desideriamo avere intorno a noi e resistere a quella visione cercando azioni che possano orientarci verso quella visione e non distruggere tutto con un atto violento, basta perdere il controllo per un istante e il nostro sogni si distrugge.
Parliamo con gli altri, condividiamo i nostri dolori, le nostre gioie, le nostre preoccupazioni, la nostra immagine del mondo e continuiamo a migliorarla giorno dopo giorno con il contributo delle persone che stimiamo, non chiudiamoci nelle nostre case, con le nostre frustrazioni, con le nostre paure, in solitudine perché solo nella condivisione e la partecipazione e' possibile realizzare un mondo migliore!

Il mio pensiero va ora a tutti quei ragazzi di Oslo che hanno perso la loro vita per un gesto folle, inspiegabile, che prima di condannare dobbiamo comprendere profondamente perché sta dichiarando un malessere sotterraneo che va curato prima possibile per non dover continuamente fare la cronaca dell'ennesima tragedia.

venerdì 22 luglio 2011

Tutto d'un fiato!




"Buona sera! Per favore vi chiedo di non applaudire tra un pezzo e l'altro!".

Sono state queste le prime parole pronunciate all'inizio della serata da Ramberto Ciammarughi. Sinceramente non era mia intenzione concentrare i post su un argomento unico per cosi' tanti giorni ma dopo aver assistito ieri sera all'appuntamento con l'artista assisano non ho resistito nel commentare il suo concerto.

Avete presente quando da bambini provavamo a trattenere il respiro nella vasca da bagno, fare i primi esperimenti di come restare in apnea, tappandoci il naso, ci lasciavamo scivolare sott'acqua di pochi centimetri chiudendo gli occhi e fermando il tempo per qualche istante che ci sembrava eterno, superando ogni nostro limite e facendo le prime sortite in una terra inesplorata, noi stessi?

Ieri sera e' stato così, tutto d'un fiato, trattenere il respiro, come trattenere gli applausi, come trattenere le emozioni che sapientemente Ciammarughi stava muovendo nel nostro panorama interiore; un'ora, un'ora e mezzo in apnea emotiva, facendo crescere il desiderio di liberare la nostra energia, stima, apprezzamento, gioia di vivere, malinconia, con il gesto naturale dell'applauso, e invece miscelando, pezzi tratti da colonne sonore di film, rendendoli come nuovi, rinnovati, rivitalizzati, approfonditi, arrivando all'apice con Mary Poppins, che mi ha fatto vibrare le corde piu' profonde delle mia sensibilità, ci ha guidati nel silenzio di questa notte al Castello, silenzio che in verita' era pieno di bellezza e armonia e che se ascoltavi bene era meravigliosamente pieno.

Un apnea emotiva esplosa alla fine con un applauso liberatorio che lo ha travolto, che lo ha inchiodato al suo talento, che lo ha riempito di emozione, quella stessa emozione che lui stesso aveva sapientemente coltivato in noi durante il concerto.
Siamo usciti cosi' dall'acqua, con uno scatto, con gli occhi pieni di stupore e gioia, ancora vivi; Ciammarughi ci ha ricordato che siamo ancora vivi e che possiamo provare emozioni profonde ed intense perche' senza emozioni, senza musica, senza cultura la nostra vita e' vuota, avvizzisce, si ripiega su se stessa e non trova nutrimento nel solo lavoro, ma trova compimento se ci nutriamo d'arte, di bellezza, di armonia, per questo personalmente e a nome di tutti gli spettatori lo ringraziamo e ci auguriamo che le nostre strade possano ancora incrociarsi per fare un altro salto in apnea nel profondo del nostro cuore.

giovedì 21 luglio 2011

Prendendoci gusto!



















Alla fine Sting-Godot come da copione beckettiano non e' arrivato, ma in tutta sincerità non ci e' mancato, anzi il tutto esaurito con extra spettatori in piedi e' stata la cornice degna per l'esibizione del meraviglioso Manu Katché che non ha tradito le attese, anzi ha superato ogni aspettativa facendosi nutrimento insieme al suo gruppo, con la bella sorpresa sul palco di un grandissimo Stefano Di Battista, creando una simbiosi tra pubblico e musicisti di intensita' emotiva altissima. Una jam session continua, pezzi di vita a flusso continuo, un lungo respiro ritmato dal cuore incessante che batte ed emana emozioni, incrocia pensieri, superando ogni barriera, la musica e' un miracolo.
Insomma buonissima la prima, in una serata dal cielo limpido e profondo il salotto di Palazzo di Assisi grazie al Cambio Festival si e' dimostrata location di naturale e rara bellezza, una perla da coltivare e far crescere proteggendo la sua natura intrinseca.

Ieri ho in qualche modo potuto toccare con mano incontrando Manu Katché che la magia e' conoscenza delle leggi che governano gli esseri umani e il pianeta su cui viviamo, quindi molti dei misteri che incontriamo nella nostra vita possono essere superati colmando l'ignoranza muovendoci verso la luce della conoscenza. Il talento ben allenato, gli anni di lavoro e formazione hanno portato Manu ad essere considerato il piu' straordinario batterista del mondo, superando così l'ignoranza dell'illusione e del dubbio su cosa possiamo, vogliamo fare e diventare nella nostra vita. Noi possiamo essere e diventare cio' che desideriamo a patto che si superi l'ignoranza verso noi stessi, iniziando a conoscerci meglio si possono produrre magie incredibili e si puo' realizzare una vita sana, serena, felice, come ha dimostrato il grande batterista che prima di tutto e' un grande uomo capace di donarsi ogni qualvolta si accomoda dietro la sua Yamaha come e' accaduto ieri sera, mostrando la gioia di vivere, di suonare, di esprimersi e onorando così la sua propria vita e la vita di chi lo ha ascoltato ieri sera.

Stasera si continua con Ramberto Ciammarughi, assisano doc, pianista di profonda sensibilità e ricercatore instancabile di sonorità ed espressività. Non siate pigri ed appagati dalla meravigliosa serata di ieri ma rilanciate, mettetevi in gioco e tornate al Cambio Festival a vivere le vostre emozioni con il viaggio musicale di Ciammarughi, e non dite: "beh tanto e' assisano" perche' non smettero' di rimarcarlo, il Castello e' un luogo magico che rende omaggio alla musica e agli artisti piu' di ogni altro luogo.
Aspettiamo quindi Ramberto questa sera e continuiamo a goderci la vita del Castello, prendendoci gusto!

mercoledì 20 luglio 2011

... e se arrivasse Sting? Sogno di una notte di mezza estate ...











Sull'onda di questo meraviglioso Cambio Festival che sta per inanugurarsi tra poche ore con l'attesissima esibizione di Manu Katché e il suo Quartetto, mi sono chiesto e se improvvisamente arrivasse Sting?
Invece di fantapolitica o fantacalcio potremmo parlare di fantamusica, ma siccome non sono un sognatore completamente sradicato ma sogno riflettendo, stamattina ho immaginato questa possibile situazione che potrebbe verificarsi:

Innanzitutto Sting e Manu Katché sono amici, sono amici veri da molti anni, solida la relazione artistica, solida la relazione umana. Sting ha casa in Toscana non distante da Cortona che e' a quaranta minuti da Assisi. Manu ha certamente avvisato il suo amico dicendogli, se sei in Toscana fai un salto ad ascoltare il nuovo lavoro. Sting naturalmente potrebbe arrivare senza preavviso proprio per evitare di mettere in circolo questa notizia e distogliere l'attenzione dall'amico. Infine direi che Cambio Festival e' la cornice ideale per un artista come Sting per assistere senza creare difficolta' e senza rischiare di essere sommerso dalla folla proprio perche' chiuso in un ambiente protetto con spettatori selezionati e amanti della musica.
Provate adesso ad immaginare di essere in vacanza a Londra e uno dei vostri piu' cari amici e' ospite per una qualsiasi ragione nel Kent, diciamo ad un'ora da Londra, che fareste voi, provereste a liberarvi per andarlo ad incontrare o fareste finta di nulla?

Per me la risposta e' molto chiara ma soprattutto semplice, spero anche per voi e quindi vedete che il sogno non e' poi cosi' distante dalla realta'?
In fondo pensare di incontrare Sting questa sera non e' cosi' remota e certamente portera' un alone di attesa, aspettativa, elettricità che fa bene alla serata, e se Sting non arriverà non sarà un dramma, perchè alle 21.45 sul palco salirà Manu Katché per liberare tutta quella mervigliosa energia e gioia che solo la musica sa creare.

Per quanto riguarda il nostro Sting-Godot, sarà stato un bellissimo sogno e come sappiamo i sogni aiutano a vivere meglio.
Godiamoci allora il nostro concerto e domani al nostro risveglio saremo certamente persone migliori di quanto siamo oggi, questa e' la funzione della musica, mettere in comunicazione le parti che ci compongono per riunirle e permetterci attraverso la riflessione di portare pace dentro di noi, ma la forza della musica sta anche nel metterci in relazione con gli altri ad un livello più alto ed e' per questo che stasera al Festival sara' una festa.

Per quanto riguarda Sting allora ritorniamo a sognare... i sogni spesso si avverano e quasi tutto dipende da noi!

martedì 19 luglio 2011

Ma che bel Castello ...



Non capita tutti i giorni di poter ascoltare e vivere da vicino un artista, un musicista, un compositore straordinario del livello di Manu Katché.
Forse ai piu' il nome non dira' molto ma per darvi un semplice riferimento, domani sera al Castello di Cambio, nella frazione di Palazzo nel Comune di Assisi per il Festival di Cambio, ci saranno persone provenienti da tutta Italia,(unica data italiana) per ascoltare, vivere, emozionarsi, godersi la performance del superbo batterista e percussionista francese di origine ivoriana.

Il suo nome, per poterlo collocare al meglio nell'olimpo della musica contemporanea e comprendere la qualita' che manifesta ormai da piu' di vent'anni, e' legato a Peter Gabriel che lo scelse nel 1986 per incidere il suo settimo album "So". So (così) da quel giorno il mondo si accorse di questo ragazzo, la sua carriera esplose: Sting, Dire Straits, Pink Floyd, Tears for Fears, Joni Mitchell, Tori Amos, Jan Garbarek per non continuare la lista lo hanno chiamato per progettare e registrare i loro album e tour, apprezzatissimo anche in Italia ha collaborato con Pino Daniele e Claudio Baglioni.

Fin qui tutto bene! Ora parliamo del suo suono, delle sue percussioni, della sua batteria, dei suoi piatti, della sua musica che lo hanno portato negli anni a sviluppare un suono jazz raffinato e straordinario, quel tocco sensibile di Manu gli permette di passare dal rock, al blues, alla classica, al jazz senza difficolta' rendendo ogni battuta un battito del cuore.

Dentro la sua anima battono i ritmi delle sue origini africane, quando e' sul palco si trasforma, come se il suono della terra si canalizzasse nelle sue mani attraverso le sue bacchette (baguette) e permettesse a chiunque lo ascolta di entrare in sintonia empatica con la sua musica, con il pianeta, con gli altri e con il suono primordiale che e' armonia, gusto, sapienza ed equilibrio.

Infine due parole per il contesto che lo ospitera' il 20 luglio, Cambio Festival, una cornice unica, una cassa armonica, un salotto sotto le stelle, un luogo intimo nel quale 320 persone potranno unirsi per dialogare con lui attraverso il linguaggio universale della musica, Manu con il suo strtaordinario Quartetto ci emozionera', nutrendo l'anima, nutrendo il piacere per la vita, nutrendo quella parte di noi che troppe volte il nostro modo di vivere tende a schiacciare.

Un plauso agli organizzatori che con un'organizzazione meticolosa, riescono da molti anni a compiere un piccolo grande miracolo, portando in questo bel castello per quattro serate stroardinari musicisti.

Una sola raccomandazione, preparatevi al concerto, preparate il vostro cuore, apritelo all'ascolto e preparatevi ad emozionarvi, lasciate cadere le barriere che ci chiudono e separano dal tutto, ascoltate qualche pezzo di Manu su youtube, sul suo sito, perche' il godimento sara' ancora piu' alto se saremo pronti a risuonare con la sua musica.
Per quanto mi riguarda, siccome sono uomo fortunato avro' l'onore di cenare con lui e il suo gruppo, di servire la straordinaria cena preparata da mia moglie nella casa di uno degli organizzatori (per darvi lo spirito del Festival) per allietare la loro serata e creare per loro le condizioni migliori per esprimersi al meglio...

Ma che bel castello marcondirondirondello!

lunedì 18 luglio 2011

Nirvana!



Stamattina mi domandavo come posso migliorare la mia vita, come posso essere libero dai miei meccanismi piu' profondi, come realizzare una vita felice, come realizzare i miei desideri, cioe' realizzare i miei migliori talenti per poter onorare il regalo ricevuto: la vita?

"In primo luogo a tutto ciò che è male rinuncia, e poi a credere nell'Io, renditi infine libero da tutto, e allora certo diverrai un saggio".

Certo penserete voi, chiunque conosco al lunedi' mattina si sveglia e inizia a porsi queste domande!

A parte gli scherzi non vorrei sembrare troppo impegnato o razionale, quello di cui sto parlando e' molto piu' semplice e concreto di quanto appaia. Le domande filosofiche hanno sempre un profondo collegamento con la nostra vita quotidiana, spesso la stessa scienza puo' aiutarci nelle risposte, sono il titolo del libro della nostra vita, sono la teorizzazione del problema, sono lo svolgimento con la sua risoluzione, tutto e' decisamente pratico e non filosofico; infatti la domanda che mi pongo, (con la quale devo dire convivo ormai da almeno una quindicina d'anni), e'il motore ed insieme la benzina che mi permettono di vivere in maniera sana. Ogni cosa che ci accade puo' essere inserita in un contenitore che ha delle caratteristiche: e' temporizzato, ovvero noi abbiamo mediamente ottant'anni di vita; ci sono delle cose dentro, abbiamo quindi relazione con degli oggetti; abbiamo relazione con gli altri, abbiamo una stretta convivenza con altri esseri umani e animali sul pianeta terra.
Questi tre ingredienti permettono di relativizzare moltissimo le cose che ci accadono, innanzitutto da un punto di vista temporale, tutto puo' essere spalmato nel tempo e quindi ci rendiamo conto di quanto sia relativo cio' che ci accade. Abbiamo oggetti che ci servono, danno servizio a cio' che vogliamo realizzare, se siamo agenti di vendita, abbiamo l'automobile come oggetto principale di lavoro e cosi' via, ed infine siamo su un pianeta popolato da nostri simili con i quali siamo in relazione continua, una relazione a volte migliorativa altre volte degenerativa, ma con i quali realizziamo noi stessi.
Fatta questa premessa, la vita si semplifica molto nel senso che ogni esperienza, evento, ogni cosa che ci accade filtrata nel tempo, nelle cose, nelle relazioni puo' essere migliorata, puo' essere incrementata, puo' essere re-interpretata, puo' essere pre-figurata e compresa nella maniera migliore possibile permettendoci cosi' di migliorare sostanzialmente la relazione della nostra vita con il tempo stesso, con gli oggetti stessi, con gli altri con i quali condividiamo lo stesso tipo di percorso di vita.
A questo punto possiamo iniziare a renderci conto di quanto sia meraviglioso vivere, di quante opportunita' ogni giorno ci accadono che ci possono permettere di realizzare una vita piena di divertimento e piacere, ma soprattutto piena di consapevolezza per il regalo ricevuto, la vita stessa, arrivando quindi ad onorare la vita attraverso il nostro miglioramento.

Io amo la vita, la amo perche' sento possa essere la mia opportunita' di realizzare me stesso, insieme agli altri, in un tempo preciso, il tempo e' adesso perche' la vita accade proprio ora mentre sto scrivendo, mentre stai leggendo e se riesci anche ora mentre leggi a ricordarti che hai un corpo, che hai delle emozioni che ti muovono e spingono, che hai dei pensieri che ti possono orientare a cio' che desideri per te e per gli altri intorno a te, allora in questo istante puoi guidare la tua vita, invece di essere guidato casualmente dalla vita, sballonzolato come una pallina magica, puoi essere tu artefice della tua esistenza terrena.

Arriviamo quindi al titolo del post di oggi, perche' ho scelto il termine "Nirvana"?

L'ho scelto per una ragione precisa: "la liberazione finale dalle sofferenze e dalle passioni è garantita solo dal raggiungimento del Nirvana.
Il Nirvana (dispersione, estinzione), secondo la dottrina del Hinayana è la liberazione, già realizzabile in questa vita, dai tre peccati capitali: odio, cupidigia ed illusione.
Con la morte, il santo raggiunge una condizione in cui tutti i gruppi di fattori esistenziali che formavano la sua Personalità, vengono annientati senza possibilità che ne sorgano di nuovi. Il nirvana perciò, dal punto di vista dell'uomo posto nel mondo è il nulla, per cui spesso viene paragonato allo spazio vuoto. In realtà è un nulla relativo, non assoluto, poiché da quelli che lo hanno ottenuto viene sentito come una gioia ineffabile, soprannaturale."

L'immagine di Murakami mostra il processo di dispersione ed estizione della personalita' in favore del raggiungimento della propria essenza, io sento davvero nel cuore il valore di vivere il Nirvana in questa vita, di conoscere la mia anima.

venerdì 15 luglio 2011

Dipingere il mare con il mare




Oggi, non senza nostalgia ripercorro un momento importante della mia vita, all'eta' di 26 anni ho letto un libro che al tempo mi aveva piu' che mai affascinato per quello che la narrazione puo' realizzare. La forza della scrittura e' che permette di immaginare un paesaggio, di far vivere dei personaggi, di incontrare delle situazioni, di scoprire angoli buii della propria interiorita', restando immobili, come una palestra della mente senza pero' muoversi da casa. Ero giovane e non avevo letto tanto, se non molto teatro alcuni classici americani e russi e Bruce Chatwin, essendo al tempo innamorato di viaggi ed esplorazioni.
L'incontro con il romanzo Oceano Mare di Alessandro Baricco mi offri la possibilità di una riflessione su qualche cosa di metafisico, di trascendente, personaggi con nomi improbabili, situazioni fuori dalla realta' quotidiana, parole distaccate dai contesti, ma soprattutto momenti di silenzio all'interno della narrazione.
Qui di seguito ho il piacere di condividere un brano che vi suggerisco di leggere con lentezza, cercando di sprofondare in questa sensazione senza tempo che si produce.


Sabbia a perdita d’occhio, tra le ultime colline e il mare – il mare – nell’aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
Potrebbe essere la perfezione – immagine per occhi divini – mondo che accade e
basta, il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta, verità – verità – ma ancora una volta è il salvifico granello dell’uomo che inceppa il meccanismo di quel paradiso, un’inezia che basta da sola a sospendere tutto il grande apparato di inesorabile verità, una cosa da nulla, ma piantata nella sabbia, impercettibile strappo nella superficie di quella santa icona, minuscola eccezione posatasi sulla perfezione della spiaggia sterminata. A vederlo da lontano non sarebbe che un punto nero: nel nulla, il niente di un uomo e di un cavalletto da pittore.
Il cavalletto è ancorato con corde sottili a quattro sassi posati nella sabbia.
Oscilla impercettibilmente al vento che sempre soffia da nord. L’uomo porta alti stivali e una grande giacca da pescatore. Sta in piedi, di fronte al mare, rigirando tra le dita un pennello sottile. Sul cavalletto, una tela. È come una sentinella – questo bisogna capirlo – in piedi a difendere quella porzione di mondo dall’invasione silenziosa della perfezione, piccola incrinatura che sgretola quella spettacolare scenografia dell’essere. Giacché sempre è così, basta il barlume di un uomo a ferire il riposo di ciò che sarebbe a un attimo dal diventare verità e invece immediatamente torna ad essere attesa e domanda, per il semplice e infinito potere di quell’uomo che è feritoia e spiraglio, porta piccola da cui rientrano storie a fiumi e l’immane repertorio di ciò che potrebbe essere, squarcio infinito, ferita meravigliosa, sentiero di passi a migliaia dove nulla più potrà essere vero ma tutto sarà – proprio come sono i passi di quella donna che avvolta in un mantello viola, il capo coperto, misura lentamente la spiaggia, costeggiando la risacca del mare, e riga da
destra a sinistra l’ormai perduta perfezione del grande quadro consumando la distanza che la divide dall’uomo e dal suo cavalletto fino a giungere a qualche passo da lui, e poi proprio accanto a lui, dove diventa un nulla fermarsi – e, tacendo, guardare.
L’uomo non si volta neppure. Continua a fissare il mare. Silenzio. Di tanto in tanto intinge il pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. Le setole del pennello lasciano dietro di sé l’ombra di una pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga riportando a galla il bianco di prima. Acqua. Nella tazza di rame c’è solo acqua. E sulla tela, niente.
Niente che si possa vedere.

Soffia come sempre il vento da nord e la donna si stringe nel suo mantello viola. «Plasson, sono giorni e giorni che lavorate quaggiù. Cosa vi portate in giro a fare tutti quei colori se non avete il coraggio di usarli?» Questo sembra risvegliarlo. Questo l’ha colpito. Si gira a osservare il volto della donna. E quando parla non è per rispondere. «Vi prego, non muovetevi», dice. Poi avvicina il pennello al volto della donna, esita un attimo, lo appoggia sulle sue labbra e lentamente lo fa scorrere da un angolo all’altro della bocca. Le setole si tingono di rosso carminio. Lui le guarda, le immerge appena nell’acqua, e rialza lo sguardo verso il mare. Sulle labbra della donna rimane l’ombra di un sapore che la costringe a pensare “acqua di mare, quest’uomo dipinge il mare con il mare” – ed è un pensiero che dà i brividi.
Lei si è già voltata da tempo, e già sta rimisurando l’immensa spiaggia con il matematico rosario dei suoi passi, quando il vento passa sulla tela ad asciugare uno sbuffo di luce rosea, nudo a galleggiare nel bianco. Si potrebbe stare ore a guardare quel mare, e quel cielo, e tutto quanto, ma non si potrebbe trovare nulla di quel colore. Nulla che si possa vedere. La marea, da quelle parti, sale prima che arrivi il buio. Poco prima. L’acqua circonda l’uomo e il suo cavalletto, se li piglia, adagio ma con precisione, restano li, l’uno e l’altro, impassibili, come un’isola in miniatura, o un relitto a due teste.Plasson, il pittore. Viene a prenderselo, ogni sera, una barchetta, poco prima del tramonto, che l’acqua gli è già arrivata al cuore. È così che vuole, lui. Sale sulla barchetta, ci carica il cavalletto e tutto, e si lascia riportare a casa. La sentinella se ne va. Il suo dovere è finito. Scampato pericolo. Si spegne nel tramonto l’icona che ancora una volta non è riuscita a diventare sacra. Tutto per quell’ometto e i suoi pennelli. E ora che se n’è andato, non c’è più
tempo. Il buio sospende tutto. Non c’è nulla che possa, nel buio, diventare vero.

giovedì 14 luglio 2011

Salvator Mundi




Salvator Mundi, l'opera restaurata di Leonardo Da Vinci potra' finalmente essere ammirata per goderne della sua strabiliante bellezza, profondità, misticismo, consapevolezza che questo ritratto di Gesu' Cristo riesce ad emanare.
Effettivamente avevo messo da parte questa immagine qualche giorno fa, ogni giorno me la sono guardata, ho cercato di entrare negli occhi di Leonardo, di immaginare cosa abbia potuto provare concependo, progettando, facendo schizzi, bozze, ho guardato i tratti, i simboli, le luci, le ombre, i colori ma soprattutto ho provato ad ascoltare profondamente cosa questa osservazione poteva creare in me come sensazione. Giorno dopo giorno mi sono reso conto della pace, dell'amore, della presenza che mi ha portato dentro restare ad ammirare e contemplare il volto del Cristo.

Mi sono venuti pensieri meravigliosi, nulla di religioso naturalmente, ma una specie di innamoramento per la questo viso, per quello che rappresenta, per l'eternita' che trascende proprio perche' non ha una collocazione ne' nel tempo, ne' nello spazio, ma quello che più mi lascia sgomento e' la capacita' di Leonardo di rappresentare e manifestare il mondo interiore del Cristo, solo guardandolo conforta e fa pensare che abbia incontrato Cristo, che l'abbia conosciuto profondamente, che se ne sia stato innamorato, non fisicamente certo, ma interiormente come se avesse chiaro dentro di se' cosa potesse provare, come se lo stesso Leonardo abbia frequentato il luogo che ha manifestato Cristo.
Ho continuato questo gioco per approfondire la mia conoscenza almeno percettiva e mi sono reso conto che l'immagine ha la forma di un uomo nella carne ma in realta' non sembra nemmeno piu' di questa terra, sembra sospeso in un tempo non tempo, in un luogo non luogo, un'essenza universale che ha trasceso i confini terreni ed e' entrato nel reame dell'eternità, dove i dolori e le passioni delle carne sono estinti, dove solo la luce eterna si manifesta.

Ho provato infine a mantenere l'espressione dipinta e in pochi istanti ho rilassato le espressioni che abitano il mio viso, sciogliendo i muscoli espressivi facciali e ho iniziato a rilassarmi ad avere un respiro piu' lento e ritmato, mi sono sentito sempre piu' rilassato fino a distanziarmi dall'ansia della vita quotidiana, sto parlando di attimi, di istanti naturalmente, ma il solo fatto di percepirli mi ha permesso di credere che e' possibile essere altro da quello che siamo stati fino ad oggi, essere migliore, essere piu' in pace, essere piu' capace di guidare la mia vita, a soprattutto essere libero dalla paura per poter vivere la gioia del momento, la gioia della vita che accade ora, mentre tutto questo ben di Dio mi e' stato donato dal dipinto di Leonardo e dall'Insegnamento di Gesu' Cristo.

Prendetevi qualche minuto al giorno e provateci anche voi, non mi credetemi, provate!

L'Italia!




Ho scelto negli ultimi anni di muovermi spesso con i mezzi pubblici, in citta' uso quasi esclusivamente la metropolitana, per spostamenti maggiori il treno.
Il mio tentativo di impattare sempre meno la viabilita' autostradale e stradale ormai al collasso pero' si scontra costantemente con l'inefficienza dei mezzi pubblici; sinceramente la parola inefficienza non risponde a pieno a cio' che si prova salendo su un treno locale che muove migliaia di pendolari ogni giorno, oppure su una metropolitana in partenza da termini, oppure anche un "efficiente" Eurostar che si muove sulla tratta Milano-Roma.
I prezzi dei biglietti continuano a salire, i servizi continuano a scendere, sempre piu' in basso.

Perche' tutto questo?

I cittadini vivono in simbiosi con lo stato, con le regioni, con i comuni e con i servizi che vengono erogati dagli stessi a prezzi che un tempo erano competitivi ma che oggi non sono piu' ne' competitivi ne' sufficienti a garantire un servizio minimo, sono deficitari con evidenti mancanze di lungimiranza manageriale, con il conseguente risultato di trovarci oggi con uno stato non piu' in grado di garantire quasi nulla di appropriato perche' ormai fermo a venti, venticinque anni fa.
Ormai in Italia siamo diventati bravi ad arrangiarci, ognuno fa per se, affronta la giungla-stato ogni giorno come puo' cercando di portare a casa, la pensione dalle Poste che hanno cambiato immagine esterna ma basta buttare l'occhio dietro i banchi per trovare i sistemi operativi degli anni sessanta, diciamo del boom economico, basta infilarsi in un qualsiasi ufficio I.N.P.S. per capire che la situazione e' molto piu' drammatica di quello che viene presentato, insomma uno Stato immobile, con le casse vuote, senza parlare della Rai che ormai e' diventata parcheggio gratuito per chiunque ha agganci e amicizie politiche, percui e' impossibile proporre una qualsiasi iniziativa culturale/artistico/divulgativa perche' le carte sulle scrivanie sembrano immobili, l'unica cosa mobile e' il culo di questi funzionari che per pararselo corrono a destra e manca. In definitiva con l'occhio dell'uomo della strada sento ormai lo Stato immobile, lontano da me, lontano dai cittadini, lontano dalle esigenze che il mondo moderno richiede, incapace di affrontare qualunque sfida anche la piu' banale senza che ci siano risse, bagarre e lotte di potere.
Non nego una profonda tristezza davanti a tutto questo, come pero' non nego una certa distanza che mi permette di non prendermela quasi piu' per nulla, incapace anche di indignarmi osservo lo Stato Nazione Italia morire di cancro senza nemmeno un tentativo di chemioterapia. L'unica vera speranza e' che questa agonia termini presto, io certamente non ci saro' piu' o se ci saro' saro' ormai vecchio e inacidito per aver perso gli anni migliori della mia vita a confrontarmi con la mediocrita' e la furbizia spicciola degli italianuzzi, senza vedere accadere nulla. Come si fa poi a non spingere i giovani ad andarsene? Se fossimo capaci di rivoluzionare il sistema gestionale dello Stato oggi, ci vorrebbero comunque almeno vent'anni per recuperare il gap che ci divide da una nazione socialmente evoluta, siamo ormai come la Grecia che grazie ai soldi dell'Europa ha dato lavoro pubblico a tutti e si trova oggi a non riuscire piu' a sostenere l'apparato che non produce quasi nulla e consuma ogni risorsa.

Con il nostro debito pubblico, in continua ascesa, con le prospettive di crescita a zero, con una politica immobile, fatta di troppi interessi personali ed intendo tutta la politica non solo i governanti, l'unica speranza e' il fallimento dello Stato, con tutte le conseguenze terribili che puo' portare, nella speranza poi che una nuova classe di persone giovani, coraggiose, libere da interessi, non dico illuminate ma almeno capaci di pensare con lungimiranza per impostare in maniera nuova seguendo modelli come quello svedese, tedesco un'idea di Stato Nazione ed uscire da questo medioevo culturale, sociale, economico che attanaglia l'Italia ormai da venticinque, trent'anni.

Tornando alla sudata nel pulcioso e vecchio treno locale, voglio ringraziare Mauro Moretti, amministratore delegato "illuminato" di Trenitalia che aumenta i prezzi per coprire i debiti e pensa di essere un grande manager!!!

mercoledì 13 luglio 2011

Scende o sale?



Appena ho visto questa immagine sono rimasto catturato nel dubbio: scende o sale?
Nel mondo razionale la domanda non si pone nemmeno, la legge della forza di gravita' risponde seccamente: scende!
Sono pero' stanco di far passare tutto al vaglio della razionalità, se non e' spiegabile non esiste e la scienza definisce cio' che possiamo e cio' che non possiamo fare. Non voglio volare ma voglio avere la mente libera di pensare ed immaginare che la ragazza della foto possa anche fare una cosa non scontata, non saputa, possa insomma salire anziche' scendere.
Questa attitudine che cerco di mantenere e di coltivare ormai da molto tempo e' davvero impegnativa perche' ovunque ti giri, con chiunque si parla la razionalita' la fa da padrone e abbiamo smesso di sognare e di avere visioni meravigliose, perche' ogni cosa che accade tende a voler ridurre la nostra immagine; rivendico invece la mia capacita' di allucinare, di immaginare cose che non esistono, cose che sono contro la legge della natura, non lo faccio per essere bastian contrario, lo faccio perche' solo così riesco ad allenarmi alla possibilità, mantenendomi allenato posso continuamente creare immagini, mondi, possibilità che altrimenti non esisterebbero neppure, senza realizzare questa pratica non esisterebbe neppure il progresso, l'innovazione, la speculazione.

La facolta' che ognuno di noi porta in se', nella sua mente, quella di immaginare, di prefigurare e' la chiave per poter vivere una vita felice, mettendoci nell'ottica di vivere la nostra vita non come ci hanno insegnato sin da bambini, razionalizzando ogni cosa e chiudendo le porte al fantastico, ma bensi la vita come vorremmo che fosse e questo e' possibile solo immaginando, fantasticando, progettando noi stessi e il mondo che desideriamo vivere, questo si realizzera' quanto piu' dettagliata sara' la nostra fanatasia immaginativa.

Per me per esempio e' fare film, fare documentari, che siano corti, medi, lunghi, e' immaginare una storia, una vita, delle esperienze, crearle e costruirle come realtà, come se tutto fosse possibile e la vita potesse essere cio' che desideriamo soltanto. Io dentro di me credo che noi siamo davvero solo quando stiamo recitando una parte e ne siamo consapevoli e coscienti. Solo quando ci ricordiamo di noi per davvero. ci ricordiamo del nostro sogno possiamo davvero realizzarlo e nel realizzarlo, realizzare noi stessi i nostri talenti, ricordandoci chi siamo, dove andiamo e da dove veniamo, allora sara' chiaro davvero senza alcun dubbio se la ragazza della foto sta scendendo o salendo!

martedì 12 luglio 2011

biutiful


Ho passato ieri sera una bella serata al cinema del Frontone all'aperto a Perugia.
I film visti all'aperto hanno un fascino particolare, d'altri tempi. Le sigarette che si infuocano, le birre appoggiate sulle seggiole di plastica, gli spettatori sparpagliati per cercare di non avere troppe persone intorno.
Il cinema e' questo, e' un momento intimo, un istante nel quale ci immergiamo in una vicenda che ci ha catturato e ci facciamo raccontare tutto, ci lasciamo catturare a tal punto che nulla più ci puo' distrarre almeno in quelle due ore, e' un'immersione dentro noi stessi, sollecitati da argomenti che non sono puro intrattenimento ma rilessione intima sulla condizione esistenziale, per lo meno per me e' questo.

Mi era sfuggito nei mesi scorsi il film Biutiful di Alejandro Gonzalez Inarritu, tra l'altro il suo lavoro con Amores Perros, 21 grammi, Babel mi ha affascinato sin dalla prima volta. Sono arrivato quindi molto aperto e disponibile a farmi un viaggio nel suo mondo di disperazione. Devo anche ammettere che ho amato i suoi film dal punto di vista drammaturgico, lo scritture Guillermo Arriaga l'autore dei suoi primi tre film ha una qualita' narrativa straordinaria, innovativa mi ha convinto subito da Amores Perros.

Il film e' inizia con un livello emotivo molto alto, le voci nell'ombra sono molto suggestive e preannunciano in pochi istanti il tema della vicenda.
Inizia così la storia lineare, lo snocciolamento della vita di Uxbal tra presente e passato, tra dolore e amore, tra disperazione e trascendenza.
Precario che vive ai margini di una Barcellona vera non da copertina di promozione turistica ma abitata dal male dell'occidente, criminalità, immigrazione clandestina, poverta' prima di tutto culturale non solo economica, sporcizia, disordine, conflitto, sopravvivenza, tutto al limite della follia quotidiana.

E' certo sin dall'inizio che solo la morte potra' permettere il riscatto!

Io però qui mi fermo, perchè ho avuto l'impressione di assistere ad un virtuosismo che indugia sui mali del mondo in modo gratuito. Sono stato trasportato e sballonzolato emotivamente senza pero' aver capito la ragioni del film. Forse sto diventando un vero e proprio purista ma non credo sia possibile scrivere una storia di cosi' forte impatto se sei nato in una famiglia agiata e hai avuto una vita fortunata. Mi e' mancato Guillermo Arriaga, mi e' mancata quella poverta' vera che non ha bisogno di essere troppo sottolineata, mi sono mancate le storie parallele che sembrano non aver alcun contatto tra loro ma improvvisamente, come lampi di luce si ricompongono creando il film dentro di noi.
Ho visto film duri, che entravano nell'animo umano con profondità, indagando le vicende degli emarginati e riuscendo a dare una certa dignita', invece ho avuto l'impressione che Inarritu sia imploso nel suo film, si e' arrovellato intorno a tematiche che forse sono piu' congeniali ad Arriaga, di tutt'altra levatura.

Ho comunque apprezzato la regia, nonostante la macchinosita' del film, in alcuni momenti si impasta e non scorre, Inarritu riesce a sottolineare i momenti importanti con una regia sapiente, la fotografia di Rodrigo Prieto insieme alle musiche di Gustavo Santaolalla sono perfettamente all'altezza.
Non mi permetto di dare un giudizio sul lavoro di Inarritu come regista ma credo che la sua forza registica si esprima al meglio nella relazione con il suo scrittore storico, quindi se c'e' una critica arriva dalla sceneggiatura.
Per quanto riguarda la recitazione, non sono certo io a scoprire Javier Bardem che e' camaleontico e profondo in quasi ogni inquadratura, lo e' tanto da far emergere i limiti del film, limiti che vengono dal suo viso di star internazionale, mentre quel mondo e' fatto di storie e facce sconosciute, anonime, pensate soltanto al viso dell'allora sconosciuto Garcia Gael Bernal di Amores Perros.
Malhambra la moglie e' davvero eccezionale, soprattutto perchè vera, profondamente vera come il suo viso sconosciuto, dilaniato dal bisogno di riconoscimento e la follia di una malattia incurabile, pensando che e' alla prima prova come attrice, sono certo avra' una grande carriera.

Abbiamo passato una bella serata con un po' di amici, in questo parchetto al limite di altri tempi, pero' un consiglio lo voglio dare, affittatevi Amores Perros, 21 grammi, Babel e poi solo dopo guardatevi Biutiful e scommetto che sarete d'accordo con me, nel frattempo speriamo che questa idea venga anche ai gestori del cinema all'aperto!

lunedì 11 luglio 2011

Cio' che e' reale! (tratto da "Ogni storia ha un suo inizio")



E' una cosa pazzesca scrivere, ti trovi a parlare di te, dialogare con i tuoi personaggi interni, di cio' che si sente, mettendosi a nudo e poi improvvisamente ritrovarsi in flusso, un fiume meraviglioso dove tutto appare chiaro e vorrei avere cento dita che digitano, per riuscire a stare dietro ai pensieri che si rincorrono una attaccato all'altro, come un fiume in piena poi un suono improvviso, un cellulare che suona, un' interruzione e tutto svanisce, si ritorna alla vita meccanica fatta di sollecitazione e risposta e non si riesce a rientrare in quel flusso fatto di pensiermi, emozioni chiare, dove ogni cosa che ci e' accaduta nella vita diviene utile materiale di analisi e di perdono, parlo di perdono perche' spesso e volentieri non solo incolpiamo gli altri dei nostri fallimenti ma incolpiamo anche noi stessi, censurando duramente i nostri errori, che invece a questo livello ormai sono le migliori esperienze che abbiamo fatto, quelle esperienze che ci hanno fatto muovere da una vecchia posizione per acquisirne una nuova, piu' completa, piu' ricca, con piu' dettagli. Si scopre cosi' che la realta' non esiste, che la realta' e' semplicemnte l'interpretazione che noi diamo alle esperienze che ogni giorno viviamo, che ogni giorno ci accadono, come noi leggiamo gli eventi ed interagiamo con essi, ecco questa interazione crea la nostra realta'!
Quel flusso, quel sangue che scorre nelle nostre vene, quel cuore che istante dopo istante batte con la forza di una locomotiva, quel respiro dritto e profondo come una colonna che ci permette di mantenere il nostro laboratorio alchemico di trasformazione di elementi, ecco tutto questo aggiunto a centinaia di milioni di processi miracolosi che accadono in noi ogni istante dentro di noi, ci danno la reale misura del miracolo della vita, ci devono ricordare costantemente che tutto e' un dono e che possiamo essere felici gia' semplicemente perche' siamo vivi, tutto il resto e' in piu' e quindi da prendere con un po' di distanza, ironia, divertimento.
 
Sono passato dal pensare di non saper scrivere e perdermi, alla presunzione di raccontare la mia vita. Mi rendo conto che sto scrivendo solo le cose che in qualche modo mi sono entrate nella memoria e quindi che mi hanno colpito da qualche parte, sia nel bene che nel male, anche perche' come scrivevo poco fa non ho altro che qualche migliaio di ricordi coscienti, mentre in ogni istante ricevo centinaia di milioni di sollecitazioni, senza che nemmeno me ne possa rendere conto.

Ho deciso allora di fare un viaggio dentro di me, dopo anni passati fuori da me nella speranza di raccogliere gratificazione per il mio ego, sento oggi piu' che necessario restare in silenzio ad ascoltarmi, per svuotarmi e tirare fuori da me tutto cio' che mi fa star bene, ma anche cio' che mi manda in confusione, che mi produce paura, dolore, sgomento, speranza, violenza, pace, ispirazione. Dopo anni di parole parlate inutili mi ritrovo a dialogare con me, e sento che ogni parola e' legata indissolubilmente ad una esperienza, un ricordo, una frustrazione che si innescano anche attraverso posture fisiche, contrazioni muscolari, anzi sto immaginando ora la mia faccia mentre scrivo e sto scoprendo che ho una smorfia che non mi sono mai accorto di fare. La realta' si definisce con le parole, sono un ponte tra me e me stesso, tra me e gli altri, mi rendo conto che il piu' delle volte non arrivano a creare una realta' interessante, ma solo passaggio di informazioni che creano malintesi, ferite anche inconsapevolmente, ogni tanto anche gioia. Devo scegliere e migliorare il mio vocabolario di parole, selezionare quelle che hanno il significato piu' preciso, profondo, specifico e piu' vicino all'emozione, per fare in modo che non sia tutto esclusivamente filtrato dal pensiero che desidero trasferire, ma elaborare pensieri che abbiamo ingredienti multipli, emotivi in particolare e razionali.

Sono qui ora ad elaborare pensieri per riprendere quel filo che mi riporti nel mio sangue e dal sangue al cuore e al cervello. Le parole sono veloci, raccontano, descrivono le stanze in cui abitiamo ogni giorno, sono le stanze nelle quali elaboriamo i nostri pensieri, le nostre emozioni, ma soprattutto le nostre azioni, quindi piu' stanze riusciamo ad abitare, meglio si costruisce la visione della realta' rielaborando ogni giorno, ogni istante tutto cio' che ci accade, ringraziando perche' possiamo sentire e vivere.

In definitiva sto scrivendo per impegnarmi ad essere pulito, limpido, sincero, rielaborando ogni cosa per depositarla nel modo migliore su un foglio che poi restera', che qualcuno leggera', ricordandomi l'importanza di cio' che scrivo perche' i sentimenti fanno muovere azioni, ed io desidero oggi che ci sia un movimento verso l'alto, verso il miglioramento di ogni essere umano senziente, avro' cosi' onorato il dono della vita. Le parole scritte restano, si rileggono, scavano, approfondiscono, obbligano al confronto per non perdere mai il senso profondo di cio' che siamo, ma soprattutto sono in grado di costruire la realta' che desideriamo.

venerdì 8 luglio 2011

Ogni storia ha un suo inizio!




In questo specifico caso l'inizio e' il 4 febbraio 1967 alla Clinica Macedonio Melloni di Milano; di prima mattina una fredda e grigia mattina milanese, di un grigiore pallido molto differente da questa mattina, arrivo io.
Il grigio e' diventato predominante insieme al nero, ed oggi e' di moda, sfruttato da stilisti che colorano la città di oscuri personaggi eleganti, ma questa e' un'altra storia.
Quella mattina io, primo ed ultimo genito di Armida e Luigi, vengo al mondo con un urlo, risucchiato da una ventosa, (questo dice molto), una bozza sulla testa riassorbita pochi giorni dopo, faccino stanco da chi di strada ne ha gia' fatta un po', un lamento che poi si mette silente per dare spazio a delle grandi dormite e delle gioiose mangiate inizio così ad esplorare il mondo che mi circonda appassionandomi gia' da quel momento a sgambettare prima nella culla, poi gattonando per finire camminando fino a correrre a testa alta, inciampando spesso nelle cose che mi trovo tra piedi mentre guardo lontano. Questo mi contraddistinguerà anche negli anni, un segno identificativo: chiacchierone, con la testa tra le nuvole, pensando alla bellezza delle cose al futuro, ai mille progetti, impegni viaggi, inciampando qua e la con voce alta, tono rumoroso, emozionante mi si riconoscerà facilmente già a scuola.
Certo l'inizio poteva essere più scoppiettante, specialmente perchè della nostra vita e' nota solo la data di entrata sul mercato e non quella di scadenza, di uscita dal mercato, lo chiamo mercato perchè da qualche anno sento parlare degli esseri umani come consumatori e quindi sento l'esigenza di posizionarmi immediatamente su un mercato.
Non e' una vita facile di questi tempi, il mercato e' in crisi e gli uomini sono in crisi; ci sono molte cose che posso migliorare, una su tutte quella di essere piu' dentro di me per cercare di essere piu' chiaro fuori di me. In fondo solo quando dentro c'e' chiarezza allora le azioni fuori si manifestano fluide. Ecco un concetto che mi ha sempre affascinato e nello stesso momento tormentato: essere fluido.
Quando ho iniziato il primo corso di teatro una delle cose che ho visto di me e' stata quella che non riuscire ad essere fluido, nei movimenti, nei toni delle mie parole, negli sguardi, nel ricevere i suggerimenti, nell'accarezzare, sempre in difesa o in attacco, mai fluido ma sempre in conflitto. Non e' facile pero' quando ogni cosa intorno mostra il bene e il male: se qualcuno ti attacca devi difenderti, se qualche cosa ti colpisce devi reagire. Basterebbe paradossalmente aggiungere un ingrediente, se qualche cosa ti colpisce innanzitutto cerca di evitare l'urto, semplicemente spostati. Non voglio semplificare un concetto fondamentale della nostra società il diritto l'autodifesa della nostra società ma sinceramente se avessi avuto questa semplice informazione sin da piccolo avrei certamente speso meno tempo a combattere per mettere la mia energia su altro, comprendendo fin da subito che il diritto all'autodifesa non e' altro che non saper essere altro.
A questa' eta', (ho superato i quaranta) si comincia a muovere interiormente qualche rammarico, qualche rimpianto, nulla di grave ci mancherebbe, serve solo per riorganizzare le informazioni e ritarare il mirino cercando di migliorare la mira anche perche' i colpi non sono piu' infiniti come nello spirito baldanzoso della gioventù, ora si contano le cartucce per non restare senza. Un'altra cosa che mi capita oggi e' di emozionarmi molto per delle cose che sono apparentemente piccole che non destano quella grande attrattiva, come dire, mi emoziono non solo della manifestazione di un evento ma e' come se mi emozionassi per i passaggi, per quelle azioni a cui non diamo mai troppa attenzione, che ne so chiudere le portiere dell'auto piuttosto che il piacere della guida; faccio un altro esempio forse si spiega meglio: ho cominciato da qualche anno a cucinare, ecco qualche tempo fa amavo l'arrivo degli amici commensali per stupirli con delle deliziose creazioni gastronomiche, oggi invece mi emoziono mentre nella padella c'e' lo scalogno che si trasforma a contatto con il vino bianco che evapora ed emana un profumo accattivante legandosi al vino per non lasciarsi più, mentre insieme diventano altro.

Tratto dalla bozza di "Ogni storia ha un suo inizio"!
di Gian Luca Bianco

giovedì 7 luglio 2011

Il piu' grande...





Continuo l'inventario degli eroi che mi hanno ispirato ed esaltato.
Oggi vi racconto del mio incontro con lo sciatore piu' grande della storia di questo meraviglioso sport: Ingemar Stenmark.
Chiunque lo abbia visto sciare ha ammirato la sua agilità, la potenza, la precisione, il ritmo, l'intensità, la costanza, la conduzione dello sci e nello stesso tempo quella scorrevolezza e leggerezza che gli permetteva di ballare tra un palo e l'altro, spostando il peso come un ballerino e senza mai perdere il controllo.
La sua intensità mentale e concentrazione gli permetteva di portare addosso la pressione di dover vincere ogni gara, una pressione che porto' addosso senza difficolta' per quasi vent'anni di carriera, perchè la gara per lui era una verifica con se stesso e non con gli avversari, che si susseguivano senza riuscira a batterlo se non sporadicamente.
Era una specie di extraterrestre, praticamente impossibile batterlo, sia nella prima che nella seconda manche, nello slalom speciale e nel gigante, dalla fine degli anni settanta ai primi anni ottanta hanno provato in tanti, ma aveva sempre e costantemente il suo ritmo e la sua forza e gli avversari per sperare di batterlo dovevano realizzare performance straordinarie, difficili da mantenere per piu' di un apio di gare. Lo sci e' uno sport di perfezione di linee, di pesi, di velocita', di concentrazione mentale, ci sono cosi tanti fattori che devono coincidere che solo un fuoriclasse come lui ha dimostrato di avere. Si allenava moltissimo, con dedizione sui punti deboli che sinceramente non saprei ora descrivere. Soltanto alla fine degli anni ottanta ha abdicato, per una questione anagrafica, accompagnando sul podio un altro atleta straordinario, completamente diverso da lui, che ha imparato a sciare guardandolo, un ragazzone bolognese di nome Alberto Tomba.

Stenmark aveva iniziato detronizzando un altro mostro sacro dello sci mondiale, Gustavo Thoeni, il quale anche a fine carriera aveva battuto varie volte Stenmark, ricordo un bellissimo slalom parallelo, ma il vecchio leone altoatesino e il giovane astro svedese nato in Lapponia si passarano il testimone presto, con stima e rispetto l'uno per l'altro.
Era elegante nello sci e garbato fuori dalle piste, rispettava gli avversari riconoscendo loro il loro valore, il suo modo di sciare con quella pattinata leggera ha rivoluzionato ed innescato il progresso dello sci intesa come disciplina. Fu il primo a legare il suo nome ad una marca di sci yugoslava sconosciuta al tempo, la Elan, portandola al successo commerciale. Lui vinceva, vinceva, e basta. Vinceva cosi' tanto che sembrava che lo sci fosse uno sport alla portata di tutti, uno sport abbastanza facile, ed invece ancora ho ancora nei miei occhi, indelebile quella giornata a Ponte di Legno sulle piste di Valbione dove lui si stava allenando insieme a Paolo De Chiesa; ricordo la mia emozione, al tempo avevo quattordici anni e lo sci mi accompagnava ormai da una decina, (mio padre e' un grande appassionato ed eccellente sciatore) avevo iniziato presto, quasi sciavo meglio che camminare, e a quel tempo facevo anche qualche garetta, mi alzavo ogni sabato e domenica per vedere la coppa del mondo di sci alle 7.45 del mattino per la prima manche per poi vedere la seconda verso l'ora di pranzo, ma torniamo a quella mattina, mi dicono che Stenmark si sta allenando su un muro che conosco molto bene, prendo la seggiovia e mi preparo per andare a vedere il mio campione, arrivo sul picco dove inizia il muro e per mia sorpresa scopro che e' una lastra di ghiaccio vivo lunga duecento metri circa con pali trapanati dentro per poter perforare il ghiaccio. Mi informo con il maestro di sci che conosco bene e mi dice che la sera prima ha chiesto che fosse buttata dell'acqua per poter creare lo strato di ghiaccio. Chi scia sa che le lamine degli sci degli anni settanta e ottanta non sono quelle sciancrate di oggi e che per sciare sul ghiaccio ci vuole tecnica, forza, precisione.
Improvvisamente arriva lui, scia con la grazia e la potenza che dal vivo sono ancora piu' ipressionanti, sembra gigantesco, padrone di ogni movimento ma soprattutto sembra sciare su neve morbida e ad ogni curva stretta, si sta allenando allo slalom speciale, i pezzi di ghiaccio volano via, lui resta con il suo peso centrale per saltellare da uno sci all'altro con una rapidita' indescrivibile. Io sono estasiato, non credo ai miei occhi, improvvisamente, per la troppa angolazione cade su un fianco, scivola e si riprende senza dir nulla, senza nemmeno un suono e riprende la sua danza tra un palo e l'altro.

Partiamo tutti, all'inseguimento del campione, provando a sciare su quel ghiaccio vivo, nessuno riesce a curvare, gli sci derapano e il peso scivola in avanti ed indietro non permettendo in nessun modo di condurre lo sci a destinazione. Non importa, corriamo giu' alla baita e siccome lui e' li fermo a parlare con il suo allenatore ci avviciniamo e con grande garbo e generosita' si ferma con noi ragazzini a chiacchierare qualche minuto, poi arriva il suo allenatore e siccome io ho gli sci esattamente come i suoi, degli Elan, chiedo di autografarmeli sulle punte, con quel pennarello indelebile che tiene vivo il ricordo nei miei occhi di quell'uomo straordinario con gli occhi sinceri venuto dal nord.