venerdì 29 luglio 2011

America!








Sinceramente avevo scritto un post ieri per essere più puntuale oggi però acceso il computer stamattina non c'era più traccia dentro il blog degli spunti di ieri, ho pensato che non fossero sufficientemente buoni per essere pubblicati, riprendo il filo del pensiero stamattina provando ad esprimere nuovamente cio' che ho in mente da ieri.

In questi giorni in particolare si sente tanto parlare di default dell'America, di rischio di fallimento degli Stati Uniti d'America; e' una condizione particolarmente toccante visto che per il secolo appena passato sono stati la guida, la luce che ha mosso il mondo e lo ha portato fino a dove e' oggi. Non voglio fare alcuna polemica, naturalmente c'e' del buono e del cattivo, la finanza e la speculazione non sono il miglior esempio dell'America, ma le scoperte scientifiche che si sono realizzate in tutto il passato secolo sono grazie alle Università americane quindi il punto non e' stabilire il bene e il male ma stabilire come e da dove ripartire.

Di certo il rischio default di cui si discute in questi giorni e' un antipasto di ciò che ci aspetta negli anni a venire. Quindi non sara' sufficiente un accordo tra Democratici e Repubblicani per aumentare il tetto del debito perche' sarà un pagliativo come mettere un sacco di sabbia per fermare un alluvione.

Così come già ampiamente esposto, il rischio default nei prossimi anni per gli Stati ad alto indebitamento è assai elevato perché di contro il PIL di questi stessi Stati sarà nell’ordine della crescita intorno allo zero se non negativa, il che determina un impatto sui conti pubblici ancor più alto determinato del pagamento dell’enorme debito pubblico accumulato.

Mentre il PIL può anche fermarsi o decrescere, i debiti vanno pagati sempre e a loro volta incrementano il volume di quelli esistenti, visto che ad ogni scadenza obbligazionaria se ne emettono di nuovi, perlomeno sino a che ci sono compratori di questa carta straccia, quali sono i T-bonds o i Btp o i Bot.

Se pur viviamo nell’era della “carta”, non si può pensare di pagare sempre e solo con carta straccia, visto che all’orizzonte appaiono ora Stati con fondamentali più attrattivi per gli investitori, ovvero mentre i conti pubblici occidentali peggiorano con PIL in diminuzione o dormiente e debito in incremento, dall’altra parte del mondo infatti i conti migliorano, il PIL corre molto meno dei debiti e questo attira i capitali prima investiti in titoli di stato dei paesi occidentali. Insomma lo scenario del terzo millennio guarda ad oriente, anche nella speranza di un intervento salva Stati Uniti.

Qui in effetti si inserisce la mia riflessione un po' nostalgica di un'America che sta rimpicciolendo, sta svanendo, di dell'America fondata sul sogno, sulla speranza (Hope), non se ne trovano quasi più le tracce.
Quel luogo di frontiera che ci attirava a se' per la sensazione di libertà, di conquista, di possibilità, si sta sgretolando sotto i colpi della sua propria invenzione, la finanza e l'indebitamento.

La cosa sinceramente più preoccupante e' che non ci sono all'orizzonte modelli economici innovativi, le grandi Università continuano ad insegnare i modelli che hanno portato alla catastrofe e si e' cominciato a dare i Premi Nobel a scienziati che non sono puri economisti come la Elinor Ostrom nel 2009, insomma stiamo brancolando nel buio e non sappiamo davvero come muoverci, ricercando un modello, una teoria che vada bene per ogni nazione, dimenticando pero' che una medicina non puo' curare tutte le malattie e quindi ogni Stato Nazione dovrebbe trovare al suo interno gli anticorpi per contrastare il fallimento.

A tal proposito mi sento di rimarcare la necessità di un ritorno verso la cultura, l'economia non e' cultura, produrre profitto da ogni attività non puo' innescare il meccanismo virtuoso della cultura, che invece puo' fiorire solo dove e' svincolata dal risultato economico e punta invece al risultato umano, alla crescita interiore ed intellettuale dell'essere umano, riportandolo al centro della vita, restituendo all'essere umano la sua misura originale, la sua aspirazione al miglioramento intellettuale, culturale, artistico, umano che diviene poi per conseguenza inevitabile miglioramento economico, per il singolo, per l'intera comunita'.

Ecco allora che la macchina cinema (cultura) si e' messa in moto, un cavallo di Troia per entrare nelle coscienze umane, nel cuore, nella mente, in particolare negli anni cinquanta, per risollevare l'umore, per scacciare i demoni della Seconda Guerra Mondiale, per ristabilire un ordine mondiale e restituire ad ogni americano e non solo il sogno (pensate agli italiani), la speranza, la progettualità di una vita diversa, migliore nella quale immaginare di costruire famiglie,avere figli, un lavoro, soddisfare le proprie ambizioni e talenti.

Io lo affermo dobbiamo ripartire dalla cultura, senza paura di investire, sia pubblico che privato, senza l'ansia del risultato immediato ma con la speranza certa che lo sviluppo individuale porterà ad uno sviluppo collettivo che genererà un onda positiva in grado di trainare anche i più deboli e rendere onore alla vita di ognuno di noi. Dobbiamo tornare a sognare in grande, piu' il sogno e' grande piu' le forze che mettiamo in campo sono straordinarie, io sogno ogni giorno, ogni istante i miei film, mi preparo ogni giorno a realizzarli, non mi preoccupo della mancanza di denaro mi preoccupo della mancanza di sogni e aspirazioni che sento intorno a me, l'America ci ha donato per quasi un secolo sogni in cui credere, ora dobbiamo crescere e sognare da soli, avendo pero' come esempio centinaia di modelli vincenti, prendiamoli in prestito dal cinema e lasciamoci ispirare da loro, forse non diventeremo ricchi ma saremo sicuramente felici anche perche' come scriveva Friedrich Nietzsche: "La felicità non è fare tutto ciò che si vuole, ma volere tutto ciò che si fa!"

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